colpa medica: convivenza e danno parentale
La Corte di legittimità ( Cass. civ. III, ord. 8 aprile 2020 n. 7743) affronta un’ipotesi di responsabilità per colpa medica e si pronuncia sulla sussistenza in capo al nipote non convivente di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale patito, iure proprio, per il decesso del nonno.
Fino ad oggi, in base al prevalente (rectius, granitico) orientamento giurisprudenziale, il riconoscimento di tale diritto a soggetti non appartenenti al nucleo familiare (coniugi, genitori, figli) presupponeva per l’attore l’onere di provare la convivenza.
L’ordinanza intende invece dare continuità a più recenti orientamenti, osservando che, pur essendo opportuno evitare la dilatazione dei soggetti legittimati ad agire per il risarcimento del danno in un’ottica di bilanciamento degli interessi, non è necessario dimostrare la convivenza, parametro che diviene rilevante per la quantificazione del danno.
La convivenza, dunque, non va dimostrata per chiedere la tutela risarcitoria, ma sarà presupposto che consentirà al Giudice di determinare l’entità del danno risarcibile.
Ciò non significa, tuttavia, che chiunque possa autonomamente ottenere il risarcimento in questione, poiché in capo al danneggiato rimarrà l’onere di provare il particolare legame affettivo che lo univa al nonno, seppur non convivente, e senza che l’assenza di tale ultimo requisito possa essere, in sé, considerata ostativa al risarcimento.