Preliminare di donazione

Preliminare di donazione

La Cassazione (Cass.civ. sez. II sez. II sentenza 4 marzo 20920 n. 6080) affronta il tema dell’impegno a donare, escludendo che tale fattispecie sia ammissibile nel nostro ordinamento.

“Il processo trae origine dalla domanda ex art. 2932 c.c., proposta da I.G. , innanzi al Tribunale di Chieti, nei confronti del fratello I.M. , avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un immobile, sito in (omissis) e di un locale garage; l’attore esponeva che il convenuto si era impegnato a trasferirgli il bene, con atto dell’11.6.1989, nel quale aveva dichiarato di “donare” al fratello detto immobile, realizzato nel periodo in cui i germani vivevano in (…) con l’apporto di entrambi.”
“ Il giudice di primo grado qualificava la dichiarazione dell’11.6.1989 come atto preliminare unilaterale di vendita, il cui corrispettivo era costituito dal pagamento dei materiali e dei lavori per la realizzazione dell’immobile da parte dell’attore… la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 14.11.2014, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda. In primo luogo, la corte distrettuale escludeva che la dichiarazione dell’11.6.1989 configurasse una donazione o una promessa di donazione perché carente dei requisiti formali richiesti dalla legge ad substantiam. Non era nemmeno configurabile un preliminare di vendita, in quanto mancante del corrispettivo del trasferimento del bene e dei dati identificativi dell’immobile, costituiti dai confini, dai riferimenti catastali e dalla planimetria, ancor più necessaria trattandosi di un’unità immobiliare compresa in un’altra unità di maggiore estensione.”

La Corte osserva che “Le norme in tema di interpretazione dei contratti di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., in ragione del rinvio ad esse operato dall’art. 1324 c.c., si applicano anche ai negozi unilaterali, nei limiti della compatibilità con la particolare natura e struttura di tali negozi; in particolare, nell’atto unilaterale, non può aversi riguardo alla comune intenzione delle parti ma solo all’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, resta fermo il criterio dell’interpretazione complessiva dell’atto (Cassazione civile sez. I, 06/05/2015, n. 9127; Cass. Civ., sez. 02, del 20/01/2009, n. 1387; Cass. Civ., sez. LL, del 14/11/2013, n. 25608).
L’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c. e segg., con la conseguenza che la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica esige una specifica indicazione dei canoni in concreto inosservati e del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione. La censura non può, invece, risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione. D’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni plausibili, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Sez. 1, Sentenza n. 10131 del 02/05/2006; conf. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009 e Sez. 1, Sentenza n. 6125 del 17/03/2014).”

Quanto alla possibilità di ravvisare un preliminare di donazione, l’interpretazione del giudice di legittimità appare netta, mentre è escluso che sussistano i presupposti di un preliminare di vendita: “La giurisprudenza di questa Corte, già da tempo si è espressa nel senso che “una promessa di donazione non è giuridicamente produttiva di obbligo a contrarre, perché la coazione all’adempimento, cui il promittente sarebbe soggetto, contrasta con il requisito della spontaneità della donazione, il quale deve sussistere al momento del contratto” (Cassazione civile, sezioni unite, 18 dicembre 1975 n. 4153; da ultimo, Cassazione civile, sezione III, 8 giugno 2017 n. 14262 a mente della quale la cessione della proprietà non può essere legittimamente qualificata “preliminare di donazione” pena la sua insanabile nullità, “essendo la donazione actus legitimus che non ammette preliminare”). La corte di merito ha, inoltre, escluso che detta dichiarazione contenesse l’impegno a trasferire il bene per l’assenza del prezzo di vendita, per l’indicazione dei confini, dei dati catastali, delle misure e delle planimetrie di riferimento, trattandosi di un’unità ammobiliare ricompresa in altra più ampia. L’indeterminatezza di tali dati, secondo l’apprezzamento della corte di merito, non era superabile con la generica dichiarazione, contenuta nell’atto, secondo cui I.M. avrebbe contribuito alla realizzazione dell’immobile, nè con le ammissioni che l’attore avrebbe fatto in sede di interrogatorio formale o con le dichiarazioni dei testimoni (pag. 5 della sentenza impugnata).”

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